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venerdì 6 marzo 2009

Diagnosi della malattia parodontale

E’ opinione diffusa che contro la malattia parodontale, che causa la mobilità e la perdita dei denti, vi sia poco da fare e che sia normale soffrirne se lo stesso è avvenuto ai propri genitori o se si è in particolari momenti della vita, come in gravidanza.
In realtà i disturbi delle gengive e dell’osso sottostante possono essere prevenuti e controllati. Sono indicati come malattia parodontale o parodontopatie poiché colpiscono il parodonto, ossia l’insieme delle strutture che circondano il dente e lo mantengono saldamente attaccato all’osso.

I segnali che possono farci insospettire sull’eventualità di soffrire di malattia parodontale sono diversi:
- Gengive arrossate e gonfie;
- Uno o più denti appaiono allungati perché il margine gengivale si è ridotto;
- Gengive che sanguinano se stimolate (durante lo spazzolamento) o spontaneamente mangiando cibi duri;
- Fastidio o indolenzimento delle gengive o dell’osso sottostante;
- Sensibilità dei denti al freddo o al caldo;
- Cattivo odore o sapore nel cavo orale;
- Mobilità dentaria.

La malattia parodontale inizia generalmente quando i batteri contenuti nella placca e nel tartaro infettano le gengive (gengivite). Questa prima fase è reversibile.
Se non curata, però, l’infezione procede in profondità. La gengiva si distacca dal dente creando tasche di difficile detersione in cui i batteri si accumulano. A questo punto comincia ad essere interessato il tessuto di sostegno e stabilizzante del dente, cioè l’osso, che si retrae verticalmente o orizzontalmente causando la mobilità dentaria fino alla perdita dell’elemento colpito.
Da ricordare che, tra i fattori conosciuti aggravanti le parodontopatie, un posto rilevante è occupato dal fumo.

Esistoni diversi trattamenti per la cura delle parodontopatie: si parte da quelli più semplici non chirurgici, per arrivare nei casi gravi a quelli chirurgici. La terapia parodontale si svolge attraverso:

1. DETRARTRASI E LEVIGATURA RADICOLARE. Si tratta della rimozione della placca batterica e del tartaro dai denti, sopra e sotto il livello della gengiva, con strumenti ad ultrasuoni ed a mano. Eliminate le cause della malattia, l’infiammazione gengivale regredisce e la gengiva, levigando le radici dei denti, può tornare ad aderirvi in modo più saldo. Tali trattamenti vanno ripetuti regolarmente nel tempo ad intervalli variabili da caso a caso.
2. CORREZIONE DEI RESTAURI NON IDONEI. La presenza di otturazioni e protesi scorrette può facilitare la ritenzione di placca, per questo le stesse devono essere modificate o sostituite.
3. CORREZIONE DELL’OCCLUSIONE. Se scorretta, l’occlusione, ovverossia il modo in cui i denti superiori ed inferiori ingranano tra loro, può aggravare la perdita di supporto osseo. Il trattamento parodontale può prevedere la correzione dei contatti tra l’arcata superiore ed inferiore, o l’uso di apparecchi mobili a protezione dei denti, chiamati BITE
4. SPLINTING. Consiste nel collegare fra loro i denti mobili contigui in modo da renderli reciprocamente più stabili (l’unione fa la forza). Può essere effettuato cementando sulle superfici linguali, del filo in acciaio rigido ed opportunamente modellato; tale soluzione presenta però il difetto della scarsa affidabilità e durata nel tempo. Ben più affidabili, duraturi, ed anche esteticamente e funzionalmente migliori del filo, sono i bloccaggi dentali eseguiti collegando fra loro delle corone in metallo-ceramica cementate sugli elementi dentari malati. Ovviamente lo splintaggio presuppone sempre il contemporaneo controllo della malattia parodontale.
5. INTERVENTI CHIRURGIGI. Sono riservati ai casi gravi di parodontopatie e permettono di correggere difetti ossei o gengivali, o di rigenerare, in casi specifici, porzioni di osso andate perdute. Spesso è necessario estrarre i denti ormai irrecuperabili per salvare gli altri. Sono di vario tipo e vanno dagli interventi di levigatura e “cielo aperto” (ossia con gengiva scollata dall’osso), agli innesti ossei, all’applicazione di membrane per rigenerazione ossea, agli split crest, e così via. Sarà ovviamente l’odontoiatra a decidere la loro necessità e il tipo di intervento.




Tratto da: Odontoiatria.com

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